L’intelligenza artificiale applicata al marketing: equivoci e potenzialità

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L’intelligenza artificiale è uno di quei temi la cui trattazione tipicamente genera fuffa e psicosi: si scomoda qualunque cosa, dai tweet di Elon Musk alle leggi della robotica di Asimov, da Blade Runner a Wall-E. Quando poi si arriva a trattare l’intelligenza artificiale applicata al marketing, tirando in ballo anche machine e deep learning si rischia di ottenere un mix di retorica e ciance inutile se non deleterio, per le aspettative infondate che si creano nel lettore.

Facciamo un po’ di chiarezza sul tema dell’intelligenza artificiale, e scopriamo le sue applicazioni effettive nel campo del marketing.

 

You Look Rather Dashing Today. GIF - 2001ASpaceOdyssey HAL9000 HelloDave GIFs

Se solo HAL9000 avesse lavorato nel marketing [via Tenor]

Tipologie di intelligenza artificiale

Per prima cosa è bene pulire il campo da un equivoco fondamentale: intelligenza artificiale, machine learning e deep learning sono tre concetti diversi, che non dovrebbero essere usati in maniera indistinta.

Intelligenza artificiale in senso lato

Intelligenza artificiale è il concetto più ampio e trasversale che comprende gli altri due. Evoca immagini tipo HAL9000 e il test di Turing, ma in senso lato consiste anche di tutti quei casi in cui un programma applica semplici automatismi in reazione ad un determinato stato di cose.

Caso da manuale in informatica è la struttura condizionale: per noi laici, il meccanismo se-allora (if-then-else in inglese).

Se c’è la condizione X, allora esegui 1. Se non c’è la condizione X allora esegui 2.

In senso lato è intelligenza artificiale: un’azione viene compiuta automaticamente senza intervento umano in base ad una data condizione.

Il limite, naturalmente, è che il programmatore deve aver previsto a monte condizioni e reazioni possibili, quindi l’”intelligenza” è più farina del suo sacco che della macchina.

Può sembrare banale e “deludente” oggi, che le nostre aspettative sono estremamente elevate. Ma è qualcosa di rivoluzionario e pregevole se paragonato ai funzionamenti di una società analogica e meccanica.

In sostanza, quando il marketing rivendica che un software è dotato di intelligenza artificiale è, in senso lato, nel giusto. Da qui è facile capire come spesso il marketing abbia avuto buon gioco a usare il termine intelligenza artificiale come buzzword per catturare il pubblico un po’ ingenuo sull’argomento.

Machine Learning

Il machine learning rappresenta un ulteriore grado di sofisticazione dell’intelligenza artificiale: un algoritmo in grado di imparare dai dati che gli vengono forniti.

L’algoritmo di machine learning viene utilizzato per analizzare grandi quantità di dati, che un essere umano non potrebbe processare da solo in tempo utile. L’algoritmo analizza i dati e ne riassume le caratteristiche salienti per l’essere umano, che così ottiene delle informazioni utili per determinare le misure da prendere.

È straordinario, ma non magico.

Per prima cosa, bisogna dare un obiettivo (output) chiaro e quantificabile all’algoritmo e impartirgli le istruzioni giuste perché sia in grado di raggiungerlo. In secondo luogo, bisogna fornirgli dei dati qualitativamente buoni e omogenei, su cui si possa condurre un’analisi sensata.

Con un chiaro obiettivo e un ricco set di dati, il machine learning è in grado di offrire prospettive utili a chi lo impiega e anche di imparare facendo, migliorandosi via via.

Il deep learning

Il deep learning (apprendimento profondo) è il machine learning portato al livello successivo, quello a cui si pensa a sentimento quando si parla di machine learning e intelligenza artificiale ad un livello superficiale.

Cos’è il deep learning? Un algoritmo che cerca di emulare i processi di riconoscimento di pattern propri del cervello umano.

Come? Con una serie di livelli progressivi di riconoscimento che via via raffinano il dato grezzo per fare assunzioni sempre più precise.

Da una serie di pixel riconoscere delle linee, dalle linee una figura, da una figura un concetto.

Oppure da un suono, riconoscere vocali e consonanti, le parole, le frasi: come fanno i vari assistenti vocali di Apple, Amazon e Google.

Natural_language_processing

Amazon assume linguisti per migliorare il Natural Language Processing di Alexa

Dove l’intelligenza artificiale applicata nel marketing

Questi vari tipi di intelligenza artificiale trovano impiego tanto in contesti mondani come i videogames, quanto in tecnologie promettenti come i veicoli a guida autonoma.

E naturalmente nel marketing.

Si potrebbero citare esempi a bizzeffe: basti pensare a come Google e Facebook utilizzano l’intelligenza artificiale per la pubblicità.

I vari mi piace, la cronologia di navigazione, l’età, la posizione geografica possono essere utilizzati per recapitare con precisione quasi chirurgica l’annuncio giusto al target giusto.

Funzionano talmente bene che ci sorprende e diverte quando sbagliano: “come gli sarà venuto in mente a Google/Facebook di mostrarmi questo annuncio?”

In Google Ads è raffinata a tal punto da fornire consigli su parole chiave aggiuntive, su come allocare il budget, sulla strategia migliore da seguire in base allo scopo che ci si è prefissi (visibilità, considerazione del brand, conversioni).

Anche se naturalmente è bene assicurarsi che i consigli dell’IA siano sempre allineati al proprio effettivo interesse: copilota sì, autopilota no grazie.

 

annuncio_fb

Un annuncio sponsorizzato che ho visualizzato su Facebook.

Non sono il tipo giusto, ma puntare sulla mia fascia d’età è un’assunzione ragionevole.

 

L’intelligenza artificiale nella marketing automation

Naturalmente, l’intelligenza artificiale trova impiego anche all’interno della marketing automation. Cos’altro sono i workflow se non una concatenazione di strutture condizionali?

Questo, diciamo, corrisponde al livello base di intelligenza artificiale: è l’automation all’interno di marketing automation.

Non è l’androide di Io Robot, ma se usato con intelligenza permette di fare cose molto interessanti. Ad esempio, accompagnare un potenziale cliente attraverso degli step predefiniti fino all’acquisto o registrare informazioni relative ai suoi interessi.

  • Se apre la newsletter X, allora invia mail con offerta per il prodotto X.
  • Se non apre la newsletter X, allora rimuovi dal segmento “interessati al prodotto X”
  • Se è utente è autenticato sul sito, fai comparire banner A. Se è un utente sconosciuto fai comparire banner B.

E così via.

Ma c’è una funzione che coinvolge IA e machine learning per aiutare i team di marketing nelle loro decisioni: la cluster recognition.

Cluster recognition (segmentazione intelligente)

Nella cluster recognition o segmentazione intelligente, l’intelligenza artificiale utilizza i dati relativi ai clienti che le diamo in pasto, per dividere la nostra clientela in un certo numero di gruppi dalle caratteristiche simili.

Il concetto è simile a quello dell’analisi RFM che abbiamo già incontrato. Identificare gruppi di clienti (cluster) per architettare comunicazione e campagne mirate.

Solamente che in questo caso è l’algoritmo di IA che stabilisce, in base ai dati con cui è alimentato e in base all’output richiesto, quali sono le dimensioni e le soglie significative da prendere in considerazione.

Facciamo un esempio concreto.

Diciamo che età, fatturato, frequenza di acquisto, valore degli acquisti dei clienti siano i dati che prendiamo in considerazione.

Per dividere manualmente la platea in gruppi, imponiamo da fuori delle regole ai dati, delle asticelle che determinano in quale gruppo ricade un cliente. Fatturato maggiore di X, età tra Y e Z, acquisto medio maggiore di X.

Non le metteremo a caso, ma saranno comunque delle regole che vengono da fuori, a cui i dati sono tenuti a conformarsi. Per cui, se ci fosse a nostra insaputa un folto gruppo di persone con acquisto medio attorno a soglia X, poco superiore o poco inferiore, sarebbe – per la regola che abbiamo posto prima – diviso in due gruppi: < X e >X.

Così facendo, tagliamo in due un gruppo che potrebbe beneficiare di una strategia ad hoc.

Con l’IA è l’algoritmo di machine learning che, nutrito coi dati, stabilisce le soglie significative e identifica i gruppi senza intervento esterno.

Se, analizzando i dati, si accorge che nella dimensione acquisto medio c’è una concentrazione attorno al valore X, allora suggerirà all’utilizzatore di considerare quel gruppo per delle campagne di marketing ad hoc.

E se con il tempo, con il cambiare delle abitudini di acquisto, il cluster si dovesse sciogliere o spostare, l’IA non mancherà di farglielo presente identificando i nuovi contatti.

Anche qui vale la regola del copilota che abbiamo espresso prima: l’IA può fornire utili spunti e vedere cose che sono sfuggite all’occhio umano. Ma in ultima analisi è l’essere umano che deve scegliere cosa fare con quelle informazioni: ignorarle, verificarle, prenderle in considerazione.

Se vuoi scoprire di più sul rapporto tra Marketing Automation e IA qui sotto puoi vedere un spezzone di un nostro webinar che si focalizza proprio su questo argomento.

Buona visione!

 

Immagine di copertina: Computer vettore creata da upklyak – it.freepik.com