Comprare indirizzi e-mail: perché non è una buona idea

junk mail

Quando si vuol lanciare un nuovo prodotto, o far conoscere un’azienda sul mercato, può sembrare una buona idea comprare indirizzi e-mail per fare un po’ di DEM – Direct E-Mail Marketing vecchia scuola.

D’altronde, se la domanda è “come raggiungere un’audience il più vasta possibile nel minor tempo possibile?” la risposta è necessariamente “Eureka! Acquistiamo una mailing list e spariamo sulla massa!

Ma scopriremo a breve che non sempre è tutto oro quel che luccica. In questo articolo infatti vedremo:

Perché non sempre conviene comprare indirizzi e-mail

Come fare a creare una buona mailing list

 

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Quella volta che Harry diede inavvertitamente il consenso a mail di terze parti. [via Giphy]

Perché acquistare indirizzi e-mail non conviene

Vediamo subito perché non è sempre una buona idea con un esempio pratico. Di recente ho ricevuto questa mail da una profumeria dotata di e-commerce.

 

mail_broadcast_esempio

Ho naturalmente rimosso tutti i riferimenti al mittente. La mail di per sé non è nemmeno così spammosa.

Ma è decisamente fuori target.

 

Piuttosto sorpreso – diciamo che non mi sento parte del target – ho cercato di capire come questa mail avesse trovato la sua strada verso il mio indirizzo di posta. Fortunatamente, il GDPR impone che queste informazioni siano di facile reperimento, e quindi mi è bastato scorrere alla fine della mail e frugare un po’ nella mia memoria.

Sostanzialmente è andata così. La profumeria ha affittato la mailing list da un’agenzia web che si occupa di lead generation (lett. creazione di contatti), commissionandole anche l’invio della mail DEM. L’agenzia, a propria volta, ha ottenuto la mia mail attraverso un portale di offerte di lavoro di cui è proprietaria, al quale mi ero iscritto per rispondere ad un annuncio, prestando – evidentemente – il consenso a comunicazioni di terze parti.

Tecnicamente, la profumeria non ha comprato il mio indirizzo e-mail. Ma, di fatto, ha pagato l’agenzia per potermi inviare una mail, quindi cambia relativamente poco ai fini del nostro ragionamento.

Vediamo perché questa operazione non è stata un buon investimento.

 

Motivo 1: scarsa efficacia del broadcasting

Comprare una mailing list, lo dicevamo prima, è l’equivalente dello sparare nel mucchio. Si prendono n-mila indirizzi e invia la stessa mail, sperando nella legge dei grandi numeri.

Questo approccio – detto broadcasting (lett. lanciare ad ampio raggio) – è ancora piuttosto vivo anche nella sua forma fisica, cioè il classico volantino cartaceo nella buca delle lettere. Addirittura, negli Stati Uniti, il marketing broadcasting è un fenomeno del tutto fuori controllo, che stati come Massachusetts hanno creato creato delle vere e proprie guide per i cittadini su come tutelarsi dal cosiddetto junk mail, sia nella buca delle lettere, che sul web. E se intervengono le autorità dovrebbe essere il caso di farsi un paio di domande.

Nell’adolescenza di di internet il broadcasting aveva anche una sua dignità strategica: un po’ perché non era possibile fare di meglio, un po’ perché internet era qualcosa di nuovo in forte espansione, e non c’era incentivo a pensare a qualcosa di più complesso con tanti utenti inesperti.

Ora però la situazione è del tutto cambiata.

L’utenza ha sviluppato delle difese contro questo tipo di marketing dei grandi numeri, che non a caso viene percepito come fuori luogo e fuori target (per buoni motivi). Esistono filtri antispam dalle maglie molto strette, e c’è molta più consapevolezza sul tema della privacy (vedasi introduzione del GDPR).

Qual è l’ultimo volantino che avete letto prima di buttarlo nella carta? O l’ultima mail promozionale che non è finita in spam o posta indesiderata?

Siamo al punto in cui premiano di più trasparenza, qualità e personalizzazione, rispetto ai grandi numeri.

 

Motivo 2: le persone non amano ricevere mail da terze parti che non conoscono

Torniamo all’esempio della mail che ho ricevuto.

Tecnicamente e legalmente è tutto in regola: profumeria e agenzia possono inviarmi tranquillamente mail di quel tipo, e possono continuare a farlo finché non revoco il consenso.

Ma il problema è che umanamente non ricordo di aver prestato alcun consenso alla profumeria. Quindi, quando mesi dopo mi vedo recapitare una mail da una profumeria di cui non ho mai sentito parlare, sono legittimamente (dal mio punto di vista, che è quello che conta per la vendita) perplesso e sicuramente poco disposto ad acquistare.

Peggio, siccome percepisco come indesiderata questa mail potrei segnalarla come spam. E se tante altre persone lo facessero, i provider di posta elettronica potrebbero decidere di inserire il mittente in blacklist.

Se invece fossi stato abituato a ricevere quelle mail direttamente dalla profumeria, perché iscritto volontariamente alla loro newsletter, probabilmente avrei reagito diversamente.

Questo per dire che c’è una bella differenza tra un consenso legale e un consenso vero, sentito, impossibile da dare ad una terza parte senza un volto. Comprare indirizzi e-mail fornisce il consenso legale, ma non fornisce quello concreto, che è quello che fa la differenza per il marketing e per le vendite.

Più o meno la stessa differenza che c’è tra una vendita porta a porta indesiderata e un offerta mirata su Amazon.

 

Monty Python Spam GIF

Fun fact: il significato moderno di Spam nasce da uno sketch dei Monthy Phyton del 1970 

 

Motivo 3: costo

Terzo motivo per non comprare liste di indirizzi mail: costano. Tanto.

Il problema in realtà non è tanto il costo di per sé, quanto la capacità di trasformare l’investimento in profitto. Una persona pagherebbe ben volentieri alcune migliaia di euro se sapesse che ne rientrerà sicuramente di decine di migliaia.

È lo stesso problema che abbiamo affrontato parlando dei costi della lead generation: in fondo, comprare mailing list significa essenzialmente comprare contatti all’ingrosso.

Se spendiamo 2000€ per un database di 4000 contatti perciò sarà meglio cercare di ottenere un ritorno sull’investimento sensato, altrimenti è un’operazione in perdita. E qui tutti i nodi vengono al pettine:

  • molti contatti non risponderanno bene alle mail broadcast perché troppo generiche;
  • altri contatti perché le riterranno fuori luogo, non conoscendo l’azienda terza che gliele invia (e potrebbero segnalarle come spam, qualora non lo fossero già)
  • i venditori di dati (giustamente) non possono offrire garanzie di successo sul database. Possono semmai tentare di profilare gli utenti, ma non possono controllare il loro comportamento né “coltivarli” al posto delle aziende (ricordiamo, è un business model che si basa sui grandi numeri, non sulla qualità dei contatti: altrimenti le aziende proprietarie dei database venderebbero piuttosto partnership alle aziende interessate ai loro contatti curati)


return of investment

Abstract vector created by vectorjuice – www.freepik.com

Cosa fare per costruire una buona mailing list


Bene, appurato che comprare indirizzi e-mail nel migliore dei casi è qualcosa da fare con ampia cognizione di causa, vediamo un po’ come si può costruire una mailing list di qualità per il proprio business.

1. Chiedere il consenso in chiaro e in prima persona

Questo è davvero la lettera A dell’alfabeto del web marketing.

Se si vuole creare una mailing list per finalità di marketing, la best practice è chiedere il contatto direttamente (non ottenerlo da altri) esplicitando la richiesta di consenso e spiegando come saranno trattati i dati.

Nei nostri form e landing page, ad esempio, abbiamo inserito la classica casella da spuntare e un link diretto alla nostra privacy policy.

Ma prima di essere una questione di legge e GDPR, è una questione di fiducia e trasparenza. Difficile creare una relazione proficua per entrambe le parti se mancano questi due elementi alla base.

 

2. Creare una newsletter con contenuti utili

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Modello vettore creata da freepik – it.freepik.com

 

Con il secondo punto entriamo diretti nella logica dell’inbound e content marketing: cioè quella per cui è il potenziale cliente ad andare verso il venditore e non viceversa (ndr. come nel broadcasting).

Una newsletter è un ottimo strumento per attirare e creare nuovi contatti, a patto che sia in grado di promettere e soprattutto dare qualcosa di valore a chi la legge. Se io, utente anonimo, penso che la newsletter possa avere qualcosa di interessante allora mi iscriverò e i miei dati potranno essere usati per finalità di marketing. Se poi la newsletter non sarà in grado di mantenere la promessa, mi disiscriverò.

Il contenuto di valore da dare agli utenti è un po’ il Sacro Graal del marketing. Talmente difficile da trovare che ci si possono scrivere poemi epici e farli musicare da Wagner.

Nell’industria (MarTech Saas) per cui scrivo è relativamente facile: con tutto quello che hanno scritto i blog americani ho l’imbarazzo della scelta per la mia ispirazione. La cosa migliore è iscriversi a propria volta a 5 newsletter del proprio settore e vedere cosa fanno: condividono articoli di blog? Video-tutorial sui prodotti? Tips & tricks?

 

3. Creare lead magnet scaricabili

La stessa logica dell’offrire contenuti di qualità può essere portata al massimo creando delle risorse scaricabili. Sono i vari e-book, workbook, report, checklist, white papers che è facile trovare andando sui siti dei grandi colossi tech americani.

Il problema è però lo stesso della newsletter: che contenuti offrire?

Vale lo stesso consiglio: a seconda dell’industria, vale la pena farsi un giro sul sito dei grandi competitor americani  e vedere cosa offrono ai visitatori.

Solitamente, un gancio che funziona molto è quello dei dati: i dati sull’industria, sul settore, sul comportamento dei consumatori sono sempre molto interessanti. Con la difficoltà che richiede naturalmente il raccoglierli e l’elaborarli scientificamente.

Per cui tante volte può anche bastare una brochure, come ad esempio fa l’IED per i propri corsi.

 

4. Organizzare webinar

webinar

Cibo foto creata da drobotdean – it.freepik.com

 

Relativamente più facile e sicuramente più d’effetto in questo periodo, è l’organizzazione di webinar.

Organizzarne uno richiede sicuramente meno tempo e impegno rispetto alla scrittura di una risorsa scaricabile (posso confermare). Scelto il tema e gli oratori, si butta giù una scaletta degli argomenti e si parte, anche senza grandi preparativi.

Proprio questa è, a nostro avviso, la grande forza dei webinar per la lead generation: il fatto che sia un’atmosfera rilassata, di dialogo vis-à-vis con gli utenti (potenziali clienti), ai quali non è richiesto l’impegno di scaricarsi e leggersi un tomo impegnativo, ma semplicemente di stare seduti e ascoltare.

Naturalmente l’oggetto del webinar è di nuovo il Graal per il team marketing. Ma ci sono tante possibilità: mostrare gli esiti di una ricerca, presentare un prodotto, mostrare ai consumatori come utilizzarlo al meglio.

 

Il risultato di queste iniziative è un tesoretto di indirizzi e-mail infinitamente migliori a livello qualitativo, rispetto a quelli comprati in pacchetto. Un po’ come la verdura coltivata nel proprio orticello confrontata con quella in busta dalle serre del Nord-Europa.

 

Però, per seminare e coltivare questo orticello di contatti servono gli arnesi giusti. Nurtigo, la nostra piattaforma di Sales & Marketing Automation ti permette di creare newsletter con template personalizzati, attivare form e pop-up compilabili direttamente dal tuo sito, organizzare webinar grazie alla sua integrazione con GoToWebinar e naturalmente di caricare risorse scaricabili da offrire agli utenti.

Proprio come quella che puoi leggere cliccando qui sotto!

 

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